Lettera a mia madre (e il merito)

Su Facebook ho letto un post di Paolo Borzacchiello, e mi ha fatto riflettere.

“Una Birkin non basta poterla comprare: te la devi meritare.

Le altre borse, anche quelle che costano tanto, sono facili: vai in un negozio (o in una boutique, a seconda della borsa), strisci la carta di credito e la porti a casa.

Magari – se vuoi un particolare modello di Chanel – devi aspettare un po’ perché non c’è, ma il concetto è: chiunque può acquistarla. Chiunque, basta avere i soldi.

Una Birkin, no: devi essere un cliente speciale, aver comprato altro ed essere comunque meritevole, sennò in lista di attesa nemmeno ti ci mettono (e se pensaste che conoscete persone con una Birkin che non sembrano meritevoli, ricordatevi che non tutte le borse che sembrano una Birkin sono davvero una Birkin).

Io voglio essere come una Birkin. Io voglio che le persone con cui lavoro o mi relaziono mi meritino. Voglio essere meritato.

Ovviamente, vale per me e vale per la Birkin, non parlo di soldi: so che uno dei criteri per averla è aver acquistato altro e quindi in questo caso il criterio è economico. Ma è un oggetto, ci sta: noi dobbiamo applicare a noi stessi l’idea astratta, il pensiero di non essere a disposizione di chiunque, per chiunque, sempre e a prescindere.

Dobbiamo applicare a noi stessi il concetto: non per tutti, e nemmeno per molti. A me, anche l’idea “per molti, ma non per tutti”, ha sempre fatto ribrezzo. Che i miei libri li leggano milioni di persone, ma io sono io: il cuore lo apro a pochi.

Così voi: siate come una Birkin. In un mondo di borse che tutti possono comprare, siate quella che deve essere meritata.

Fate in modo che vi meritino.”

Ecco, questo è il suo post. Che, come dicevo, mi ha fatto riflettere e si è inserito in una riflessione che stavo già facendo, ed è stato come un insight: la risposta a una domanda che mi facevo da tempo e che era lì, ma non la vedevo.

Quel post mi ha fatto vedere la risposta che cercavo e mi ha portata a prendere una decisione: voglio essere meritata. Voglio che le persone con cui mi relaziono mi meritino. Lo voglio per me, lo voglio per loro.

Il mio libro La scrittura riparativa, a differenza dei libri di Borzacchiello, non è letto da milioni di persone ma non è meno valido dei suoi. Questione di marketing, e di essere conosciuti.

Dentro il mio libro c’è la mia anima, così come la mia anima è dentro il mio memoir.

La Lettera a mia madre non è solo un esercizio narrativo, è la mia evoluzione, è la mia storia e il racconto di come l’ho guarita, è la testimonianza del dolore che ho deposto sulla carta e ho strappato via da me. In quelle pagine ci sono la mia vita come è stata e il mio passato, ci sono le emozioni che non vivo più ma che ho vissuto, c’è la mia essenza più profonda . Che dopo quelle pagine è mutata: io non sono più quella persona, ma lo sono stata e voglio mostrarla solo a chi lo merita. Potrete continuare a leggere quelle pagine, ma voglio che lo meritiate.

Quindi, al momento, sospendo la pubblicazione del mio memoir.

 

Francesca Di Gangi
f.digangi@tiscali.it

Mi chiamo Francesca Di Gangi, ho poco più di cinquant’anni e sono sociologa, formatrice e counselor relazionale di formazione rogersiana. Sono anche laureata in Psicologia, e sono l’autrice del metodo Scrittura Riparativa® Da quasi trent’anni affianco le persone che hanno voglia di stare bene con se stesse e nelle relazioni, e le accompagno nell’affrontare le proprie emozioni. Principi imprescindibili del mio lavoro – e del mio modo di essere – sono l’empatia, il rispetto incondizionato, l’accoglienza, l’attenzione all’altro, l’ascolto, condensati adesso nel metodo della Scrittura Riparativa e terapeutica.