25 Nov Sei felice?
È da poco iniziato il mio nuovo corso all’Università Popolare di Torino, e a questo giro si parla, e si scrive, di emozioni. Preparando le lezioni ovviamente leggo e rifletto, e in una rubrica che si intitola E tu come stai? non posso fare a meno di chiederti: sei felice?
La felicità è una delle emozioni che affronto nel corso, ed è una di quelle più controverse. Perché se di nostalgia e rabbia e paura faremmo pure a meno, tutti vorremmo essere felici. Sì, ma come si fa a essere felici? Io, come faccio a essere felice? Dove cerco la mia felicità?
Per tanto tempo, e fino a non tanto tempo fa, ho cercato la felicità in un mondo che altri avrebbero costruito per me: delegavo ad altri e alla loro presenza la possibilità che io potessi essere felice. Così, ho cercato la felicità nell’affetto di un uomo, nelle parole di un’amica, nell’abbraccio di mia madre. L’ho cercata lì dove non poteva essere o, se era, era momentanea ed elargita. Una felicità che non trovavo, che se c’era durava il tempo di niente, e mi dannavo a continuare a cercare, perché di quella felicità avevo bisogno, e più la cercavo più lei sfuggiva. Fino a che non mi sono resa conto che cercavo la felicità lì dove non potevo trovarla: la cercavo fuori di me.
Ho iniziato a percepire la felicità quando il mio sguardo si è fermato su di me, sulla persona che sono, così come sono. Ho iniziato a percepire felicità quando ho smesso di dover essere come gli altri volevano che fossi – se dovevano contribuire alla mia felicità pretendevano certo in cambio che facessi qualcosa per loro, quanto meno che fossi come loro si aspettavano che fossi – per imparare a essere come io davvero potevo essere. Ho iniziato a percepire la felicità quando i miei limiti non sono stati più limiti, ma sfaccettature della persona che sono; quando ho imparato a mostrarmi per quello che sono, senza il disperato bisogno di approvazione; quando ho iniziato ad accettare i miei errori e le mie scelte sbagliate, che non erano sbagliate, ma era il modo in cui avevo saputo rispondere in quel momento, con le capacità e le emozioni e i limiti della persona che in quel momento ero.
Ho iniziato a percepire la felicità quando ho iniziato a mostrare misericordia, per me ancor prima che per gli altri. È una parola importante, misericordia, forse desueta, una parola che necessita azione, applicazione. Deriva dal latino, dall’aggettivo misericors, composto da miserere, avere pietà, e cor, cuore. “La misericordia è una versione funzionale di sentimenti quali la pietà e la compassione: non esiste una misericordia intima, che resta ferma e nascosta in cuore. La misericordia è il traboccare di questi sentimenti in un atto di soccorso, in un aiuto concreto rivolto a ciò che suscita pietà. Una condotta autentica, misurata dall’etimologia in una compassione non cerebrale, ma scaturita dal cuore.”
Ho percepito, e trovato la felicità, quando ho iniziato ad amarmi. Sono felice? Sì. E lo posso dire perché la felicità non è un’emozione che si acchiappa e si trattiene, non è uno stato che dura: è un percorso. è il gustarmi chi oggi sono, così come oggi sono. Provaci. Ascoltati. Accogliti. Amati. Vedrai che la felicità è tutta lì.