La ferita da privazione

 

Essere privati di qualcosa non è mai piacevole, il concetto di privazione in sé non è piacevole: vorremmo qualcosa, ma per un motivo o per un altro non possiamo averlo, o se lo abbiamo non riusciamo a goderne in pieno. Qualcosa ci ferma prima del traguardo della soddisfazione, e in noi si scatena una profonda scontentezza.

Non abbastanza cura,  non abbastanza ascolto, non abbastanza attenzione, non abbastanza cibo, non abbastanza presenza, non abbastanza amore. Non abbastanza qualcosa, e la privazione diventa voragine. Hanno iniziato i genitori, a privarci del piacere di sentirci pienamente soddisfatti, poi è arrivato il mondo.

Chi soffre di questa ferita spesso non sa di cosa soffre: sa che gli manca qualcosa e lo deve avere, che quel che è o possiede non è abbastanza. In ogni conquista c’è una punta di insoddisfazione, in ogni gioia il richiamo di un’amarezza, in ogni traguardo il pensiero a quanto di meglio avrebbe potuto fare. Perché in ogni cosa che ottiene cerca di più, e questo di più è quella insoddisfazione sotterranea che non viene mai saziata. Se abbiamo imparato l’insoddisfazione da privazioni che altri ci hanno inflitto, se ci davano troppo poco di ciò di cui avevamo bisogno, la privazione è diventata ferita.

La ferita da privazione è la ferita di chi sente che la vita non gli abbia dato tutto quanto gli sarebbe spettato, e allora reagisce cercando compensazioni.

Vuoi una risposta alla tua ferita da privazione? Inizia col guardarla negli occhi e riconoscerla, inizia a prenderti le tue responsabilità. Sei adulto, puoi farlo.

Leggerai molto di più sulle ferite emotive nel libro che sto per pubblicare. Intanto ne parliamo nel webinar in programmazione, e puoi anche lavorarci nei laboratori dedicati alle ferite.  



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