Il segreto non è piacere agli altri

“Il segreto non è piacere agli altri, ma vivere come piace a te”. Sto leggendo un libro sulla solitudine, un memoir di poche pagine. Mentre leggo immagino quali potrebbero essere le mie parole, mi trovo a chiedermi se ho scoperto il segreto. Quel non piacere agli altri ma vivere come piace a me. Trovo due piani di pensiero diversi, in questa frase. Scrivendo non si può dare conto di tutto, non è possibile. Sono due piani diversi, dicevo. “Non è piacere agli altri” include una valutazione su sé, sul come si è, su quanto di sé si è disposti a sacrificare per avere dall’esterno quell’apprezzamento che a volte è necessario per vivere. La seconda parte della frase, “vivere come piace a te”, introduce un altro piano, non più il piano del come si è e del come si è in relazione agli altri, ma il piano del come si vive. Piani contigui eppure diversi. Molto prossimi eppure non conseguenti. Mentre leggo e rileggo quella frase, che sembra innocua ma non lo è, mi faccio domande, anch’esse su piani diversi. Mi domando quanto ho deciso di essere me seppur costi il non piacere agli altri, quanto sono capace di valutare me e la mia vita attraverso i miei occhi, quanto il mio locus di valutazione è interno, direbbe Rogers.
E, sull’altro piano, l’altra domanda: quanto riesco a vivere come piace a me, quanto del mio modo di vivere mi appartiene davvero e quanto invece è corrotto e mediato da abitudini, paure, senso comune, comodità.
Ecco quel che fa la lettura: ti mette davanti domande, ti inquieta. Ecco quando un memoir ha veramente senso: quando l’autore nello scrivere di sé scrive di te che leggi.