Il ragazzo del mare

Scrivere il post pubblicato ieri su facebook, sul dipingere, mi ha fatto tornare a quel quadro lì, quello di cui raccontavo. Frequentavo la scuola media, non ricordo se la seconda o la terza; ci avevano fatto vedere un film a scuola, si intitolava Il ragazzo del mare. Non ricordo assolutamente niente della trama, quel che ricordo è l’ultima scena, o credo che fosse l’ultima, quella in cui il ragazzo spiega le vele della sua barca e naviga da solo dando le spalle allo spettatore, su un mare di un profondo blu, verso un futuro che solo lui avrebbe scoperto.

Fu quella la scena che dipinsi, poi. C’era un concorso legato a quel film, i disegni più belli avrebbero vinto un premio, i vincitori avrebbero avuto la dignità della proclamazione pubblica.

Sarebbe stata un sabato mattina, quella proclamazione. Non ci sarebbero state lezioni, solo la proclamazione dei vincitori e la premiazione e poi una festicciola.

Non andai. Non avevo amici a scuola, non potevo averne, vivevo allora sorvegliata a vista. Non avevo amici che mi aspettassero o che potessi avere la gioia di incontrare, e nessuno avrebbe tenuto in considerazione il mio disegno. Così pensavo.

Usai quel sabato mattina in modo più proficuo, andai a tagliarmi i capelli.

Così, quando mi chiamarono per salire sul palco e ricevere il premio del secondo classificato, io non c’ero. Non era proprio vittoria, ma i partecipanti erano stati più di trecento, e arrivare seconda comunque non era male. Però io non c’ero.

Andare a scuola, quella mattina, sapendo di aver fatto un bel disegno e sperando di vincere avrebbe voluto dire credere in me stessa, avere autostima, pensare che anche a me potesse succedere qualcosa di bello. Niente di tutto questo mi toccò, abituata come ero a sentirmi dire che non valevo niente e che i figli degli altri erano migliori.

Non andai a scuola, quella mattina. Sapere del mio successo, dopo, non fu lo stesso. M’ero persa il gusto di avere gli occhi di tutti addosso, di essere soddisfatta di me stessa, di potermi dire che anch’io avevo valore.

È da lì che sono partita, dal profondo convincimento di non valere niente. E da un ragazzo del mare dipinto a tempera, le vele spiegate su un mare dai tanti blu.