Verso l’isola che non c’è

“Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino, poi la strada la trovi da te, porta all’isola che non c’è”[1].

Sembra solo un verso della canzone di Bennato di ormai molti anni fa, in realtà è un insieme complesso di significati che va molto oltre la storia che racconta; abbiamo di sicuro ascoltato L’isola che non c’è in una sera d’estate, con lo sguardo altrove, a immaginare la nostra isola che non c’è, il nostro posto dove dirigerci e che ci avrebbe sottratti a quanto stavamo vivendo. Ci identifichiamo con Peter Pan e la sua ricerca di un’isola che non c’è perché quell’isola è la storia alternativa e più felice cui tutti abbiamo diritto ad ambire, è il luogo immaginario ma non per questo meno reale in cui sperimentare una vita che non sia quella che conosciamo.

Abbiamo bisogno di un mondo immaginario perché è in un mondo immaginario, il mondo delle storie, che già viviamo buona parte della nostra vita. “Potremmo non esserne consapevoli, ma siamo creature di un reame immaginario chiamato l’Isola che non c’è. (…) Mentre il nostro corpo rimane costantemente ancorato a un punto specifico dello spazio-tempo, la nostra mente è sempre libera di vagare in mondi immaginari. E lo fa in continuazione.”[2]

Nel nostro vivere quotidiano abbiamo bisogno di riferimenti certi e gesti consueti, della rassicurazione dell’abitudine e del noto. Forse viviamo da sempre nello stesso posto, frequentiamo amici che conosciamo da anni, il bar dove ci fermiamo a prendere il caffè al mattino è sempre quello e il salumiere lo stesso dove già si servivano i nostri genitori. Forse la nostra vita si mostra semplice, a guardare queste abitudini che ho raccontato. Ma dentro chi compie tutti questi gesti consueti, dentro ognuno di noi, c’è un mondo che ha bisogno di palesarsi, di essere vissuto quanto e più del consueto quotidiano. Abbiamo bisogno di abitare la nostra isola che non c’è, abbiamo bisogno di credere che un’altra storia in cui vivere sia possibile.

La notizia è che hai la possibilità di scrivere e vivere quell’altra storia.

[1] Edoardo Bennato, L’isola che non c’è

[2] Gottschall, L’istinto di narrare, pag. 10

Francesca Di Gangi
f.digangi@tiscali.it

Mi chiamo Francesca Di Gangi, ho poco più di cinquant’anni e sono sociologa, formatrice e counselor relazionale di formazione rogersiana. Sono anche laureata in Psicologia, e sono l’autrice del metodo Scrittura Riparativa® Da quasi trent’anni affianco le persone che hanno voglia di stare bene con se stesse e nelle relazioni, e le accompagno nell’affrontare le proprie emozioni. Principi imprescindibili del mio lavoro – e del mio modo di essere – sono l’empatia, il rispetto incondizionato, l’accoglienza, l’attenzione all’altro, l’ascolto, condensati adesso nel metodo della Scrittura Riparativa e terapeutica.