03 Nov Ogni volta che dai una definizione di te, ti chiudi dentro un recinto.
Ogni volta che dai una definizione di te, ti chiudi dentro un recinto.
è come quando abbiamo una pagina bianca davanti: quella pagina bianca può contenere tutte le parole e tutti i significati possibili, e seppur non li vediamo li contiene. Quando però iniziamo a scrivere, allontaniamo dalla pagina quelle parole e quei significati che non sentiamo urgenti, e la pagina assume e ci rende il senso e il significato soltanto di quel che lì sopra scriviamo.
Stessa cosa quando ci definiamo. Non siamo univoci, incarniamo modi di essere e significati che mutano nel tempo e con le occasioni, a seconda di chi abbiamo vicino o di quel che stiamo facendo, se siamo soli o se ci stiamo relazionando con qualcuno. Però ci definiamo, diciamo di noi “io sono così”, perché definirci ci dà in qualche modo identità e sicurezza, nel bene e nel male. Fatto è che definirci mette dei paletti intorno a chi realmente siamo e possiamo essere, e ci costringe poi a comportarci come pensiamo di essere e secondo la definizione che abbiamo dato di noi.
Se, ad esempio, di te dici di essere insicura, dal momento che di te dai questa definizione ti accomodi in un modo di essere e vivere nel quale ti sarà sempre più difficile agire da persona sicura perché non potrai sconfessare quanto tu stessa hai detto di te. Con le parole ti sei costruita un recinto intorno, e ti ci sei chiusa dentro.
Pensaci, la prossima volta che ti definisci. E non cambia se di te dici di essere solare, generosa, ottimista o permalosa. Ti definisci, e la definizione ti limita.