Le ferite emotive. Parliamone (2)

 

Immaginarti ferito può non essere immediato, perché in fondo la tua è una vita normale, con la giusta dose di gioie e dolori, di delusioni e soddisfazioni; una vita fatta di un rassicurante quotidiano come quella di tutti gli altri, una vita con i suoi alti e bassi, le sue conquiste, i suoi vuoti e i suoi pieni, i suoi problemi e i suoi momenti di serenità. Come quella di tutti. E appunto perché la tua vita è come quella di tutti, immaginare un problema così grande da abbisognare di essere nascosto dietro una ferita può sembrarti una possibilità lontana, qualcosa che non ti riguarda e con cui non sei chiamato a fare i conti, in fondo non è successo niente di eclatante, ti hanno cresciuto come tutti, sei stato un bimbo come tanti.

L’infanzia è stata serena, la vita scorre dentro i binari abituali, quelli che da sempre conosciamo, non abbiamo subito tragedie o abusi, i dolori sono i dolori consueti con i quali ogni esistenza deve fare i conti.

Tutto normale, insomma. Eppure una ferita c’è. Nascondiamo la ferita dietro tratti culturali, abitudini, parole e ci inganniamo dicendo a noi stessi, ancor prima che al mondo lì fuori, che una ferita non c’è. E in questo modo la rendiamo ancora più dolorante, ne ritardiamo – o forse impediamo del tutto – la guarigione. È così che portiamo avanti la vita, mettendo da parte ciò che più ci fa male.

È chiaro quindi come sia importante almeno riconoscere quale possa essere la nostra ferita: è necessario per disinnescare l’automatismo con il quale reagiamo e darci la possibilità di valutare nel modo più obiettivo possibile cosa accade e quale possa essere l’effetto su di noi dell’evento che riapre la ferita.

Conoscere le ferite, accoglierle, riconoscerle, prendersene cura, sono modi – o forse tutti aspetti di un solo modo – per prenderci cura del nostro sé più profondo. Riconoscerci feriti è il primo passo per confessare a noi stessi il bisogno che abbiamo di curare quella ferita, di conoscere da dove viene e perché, di darle valore e dignità, di imparare a valutarci e quindi a pensare, sentire, agire a prescindere e nonostante quella ferita.

Scrivere di te è anche riuscire a vedere la tua ferita, affrontarla, riconoscerla in quel che sei e fai, attraversarla e poi guarirla. Prenderne una salutare distanza. Vuol dire togliere quel filtro tra te e la tua vita, cambiare punto di vista e prospettiva, entrare davvero in relazione con la tua storia.  

Leggerai molto di più sulle ferite emotive nel libro che sto per pubblicare. Intanto ne parliamo nel webinar in programmazione, e puoi anche lavorarci nei laboratori dedicati alle ferite.  



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