Le relazioni, le ferite emotive e il debito karmico

Si può estinguere un debito karmico e come?

“Il termine tibetano lenchak viene spesso tradotto con “debito karmico” e si riferisce a condizionamenti inconsci e abitudini sbagliate che ci fanno sentire attratti da persone con cui faremmo meglio a non essere coinvolti. Sarò audace e dichiarerò che presto avrai completamente ripagato un lenchak che ti ha causato problemi di relazione. Congratulazioni! Sei quasi libero da un’illusione che avevi da tempo. In realtà non hai affatto bisogno di un’influenza di cui pensavi di aver bisogno.”

Chi legge Internazionale avrà intuito che queste righe sono scritte da Rob Brezsny e, in particolare, questo brano è l’oroscopo per il sagittario (il mio segno) dal 17 al 23 agosto ‘23. L’ho letto per caso e sono rimasta fulminata perché proprio in quella settimana (ma io l’ho letto dopo) mi sono resa conto del peso che certe relazioni hanno nel mio quotidiano (ma posso già scrivere avevano), dello spazio che voglio e posso dare loro, della necessità che alcune siano ripensate e rimodulate. A onor del vero, tutto il mio ultimo periodo è stato ed è così: un continuo sentire dentro quel che del mondo intorno mi fa bene e quel che era il momento di abbandonare o sospendere o ricollocare.

Che cosa significa debito karmico? 

Cercavo risposte già da tempo, pur senza esserne consapevole, e negli ultimi mesi quelle risposte sono arrivate e sì, forse ha ragione Rob Brezsny, forse ho davvero ripagato un lenchak. Ora, io non so esattamente cosa sia un debito karmico, così ho velocemente googolato e questo è quanto ho letto su un sito: “Il debito karmico si riferisce a qualcosa che si è verificato in una vita passata per cui ora stai facendo ammenda in questa vita. Tale debito è anche portatore di una lezione da imparare che si ripeterà ancora e ancora finché non arrivi a padroneggiarla”.

Leggo di debito karmico e a me vengono in mente le ferite emotive che tutti, più o meno consciamente, ci portiamo dentro. La ferita da tradimento, da abbandono, da invasione e anche le altre, tutte quelle ferite con le quali ci confrontiamo nei laboratori sul memoir, quelle ferite che inconsapevolmente ci tengono legati a dei modi di essere che non vorremmo agire ma che continuiamo a mettere in atto. Mi vengono in mente i mille sistemi con i quali facciamo in modo che la nostra vita si irrigidisca in un “format”, passami il termine da serie televisiva, come se debba scorrere secondo una scaletta che qualcuno ha scritto per noi e dalla quale non è possibile allontanarci (e invece è possibile), e quel format prevede comportamenti, modi di affrontare la vita, modi di gestire le relazioni e tanto altro ancora.

Debito karmico e ferite emotive

Così, quel che mi viene da pensare, e cui vorrei pensassi anche tu, è: quante delle relazioni in cui sono immersa sono relazioni che veramente mi fanno bene? Quante ho veramente scelto, e ne godo la bellezza? Quante invece subisco? Quante tollero perché non posso farne a meno?

“In realtà non hai affatto bisogno di un’influenza di cui pensavi di aver bisogno”. Ho riletto questa frase tante volte, e ogni volta che la leggevo davo un nome e un volto a quell’influenza di cui pensavo di aver bisogno, e della quale invece mi sono resa conto di non avere affatto bisogno. Ho realizzato che potevo allontanare quell’influenza, e potevo farlo senza allontanare quella persona: era però necessario che la collocassi in modo diverso, e che fossi consapevole della sua influenza e di come senza quella la mia vita sarebbe fluita limpida e leggera ancora più di prima.

Il legame che creiamo con certe relazioni possono avere nomi diversi. Abitudine: e allora quella relazione è solo un parte del paesaggio delle nostre giornate, che però sottrae tempo e attenzione e energia ad altro forse più importante. Paura: restiamo in quella relazione perché perderla ci farebbe sentire abbandonati, non amati, non completi; è il modo più pericoloso e dannifico di stare dentro una relazione. Ignavia, o chiamala anche viltà o pigrizia: quella relazione ormai è lì e, come si direbbe in Sicilia, “pare brutto” sottrarsi o ricollocarla e vederla esattamente per ciò che è.

Condizionamenti inconsci e abitudini sbagliate”, così definisce Brezsny ciò che ci fa sentire attratti da persone e relazioni che poi si rivelano non essere per noi buoni incontri e buone relazioni.

Ecco, quel che farei se fossi in te, e lo farei seriamente, è rivedere le relazioni che hai. E non perché potresti avere un debito karmico che non so esattamente cos’è, ma perché se in alcune delle relazioni che hai non ci stai bene, è il caso di rivedere la tua posizione in quelle relazioni e, perché no, sorridere, salutare e allontanarti. Nel segreto della tua anima, almeno. La tua energia te ne ringrazierà. 
 

Francesca Di Gangi
f.digangi@tiscali.it

Mi chiamo Francesca Di Gangi, ho poco più di cinquant’anni e sono sociologa, formatrice e counselor relazionale di formazione rogersiana. Sono anche laureata in Psicologia, e sono l’autrice del metodo Scrittura Riparativa® Da quasi trent’anni affianco le persone che hanno voglia di stare bene con se stesse e nelle relazioni, e le accompagno nell’affrontare le proprie emozioni. Principi imprescindibili del mio lavoro – e del mio modo di essere – sono l’empatia, il rispetto incondizionato, l’accoglienza, l’attenzione all’altro, l’ascolto, condensati adesso nel metodo della Scrittura Riparativa e terapeutica.