Il manuale del buon comportamento

Sono cresciuta con una sorta di manuale del buon comportamento. È un manuale che nessuno mi ha mai davvero consegnato, non c’è stato un momento in cui qualcuno – mia madre o mio padre – mi abbia messo in mano dei fogli o anche solo un elenco dicendomi: ecco, qui trovi come comportarti a seconda delle situazioni che incontri.

O, il che è più veritiero, qui trovi come noi vogliamo che ti comporti a seconda delle situazioni che incontri.

Sarebbe stato semplice. Avrei potuto sfogliarlo, leggerlo, fare domande, contestarlo. Invece no. Il manuale me lo hanno spalmato dentro. È stato un lento e continuo apprezzare o non apprezzare quel che facevo o dicevo, dal cosa leggessi o volessi leggere alle persone che frequentavo o volessi frequentare al come avrei dovuto organizzare la vita.

E poiché di quell’apprezzamento avevo bisogno, ho lasciato che il manuale mi guidasse. Anche le scelte più importanti, quelle che la vita la alterano, la cambiano, la fanno andare da un’altra parte. Scelte che non erano mie, seppure apparentemente sembrava – anche a me -, ma che venivano dall’applicazione meticolosa di quel manuale.

Fino a che non mi sono resa conto che la mia vita era altro che quel manuale. Che io in quel manuale non ci stavo, che continuare a tenerne conto sarebbe stato continuare a essere qualcuno che non ero davvero io.

Non è durato poco, il mio rapporto con quel manuale. L’ho definitivamente buttato via qualche settimana fa. Troppo tardi? Forse. Però so di averlo fatto. Quanti potrebbero dire lo stesso?

 

 



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