
09 Set Elisabetta, Carlo, la morte e il danno
Mi trovo a pensare stamattina alla regina Elisabetta, al senso di vuoto che accompagna la sua morte. E mi trovo a pensare a Carlo, e alle emozioni contrastanti che si troverà a vivere. il dolore per la morte della madre, e… che emozioni girano dentro una persona che ha atteso per una intera vita, e che finalmente ottiene ciò cui da sempre era destinato: gioia? Soddisfazione? Senso di rivalsa? Gratitudine? Emozioni che vanno a mischiarsi ad altre più riconoscibili, quali il dolore, la tristezza, il senso del dovere.
Penso a Carlo, e penso come lui possa permettersi di provare questo misto di emozioni, e possa permettere che altri, come me, possano pensare alle emozioni che lui sta vivendo.
E penso a tutti noi che, quando muore un genitore, soffochiamo le emozioni meno accettabili, quelle che sarebbero socialmente non accettate. Perché sarebbe troppo dover sentirsi addosso anche la riprovazione di chi ci sta intorno.
Nella morte di un genitore si nascondono le emozioni più disparate, e molte di queste non le racconteremmo e non raccontiamo a nessuno, perché nessuno ha voglia di esporsi in modo così profondo, nessuno ha voglia di lasciare calpestare le proprie emozioni e la propria storia – perché, lo vogliamo o no, i genitori fanno la nostra storia – dal primo giudicante che passa.
Ci proteggiamo, fingendo anche che quelle emozioni non ci siano. Ignorando quanto non sia sano negarci di viverle. Il danno arriva quando lasciamo che il socialmente non accettabile diventi un personalmente non accettabile. Il danno arriva quando, invece di accogliere e vivere quelle emozioni nell’intimità della nostra anima, le escludiamo, le neghiamo, fingiamo di non sentirle. Il danno arriva quando ci ammantiamo di dolore negandoci il permesso di sentire e riconoscere ciò che davvero sentiamo.
Oggi tutti pensiamo a Elisabetta e, forse, anche a Carlo. Pensiamo un po’ anche a noi, a quello che ci gira in pancia. Torniamo a toccare la morte dei nostri genitori, e tutte le emozioni che in quel momento sono confluite e da quel momento sono nate. Diamo un nome a quelle emozioni, riconosciamole.
Iniziamo a riparare un po’ di quel danno.