16 Apr Di scrittura e di lumache
Un mio racconto oggi è andato in finale ad un concorso. Ho partecipato un po’ per sfida a quel concorso. Avevo bisogno di affermare che sì, anche la mia scrittura può andare in giro per concorsi e farsi notare. Me lo sentivo, che sarebbe passato. Su centinaia di altri racconti, eppure me lo sentivo. È strano, in realtà, che un racconto, poche pagine estrapolate da un romanzo, scritte dieci anni fa o giù di lì, oggi arrivino in finale ad un concorso. È strano perché i dieci anni che sono trascorsi da allora mi hanno molto cambiata. Vivevo a Catania, allora. Avevo un compagno con il quale stavo male. Frequentavo amici. Facevo psicoterapia. Ero una persona molto diversa da quella che oggi sono. Eppure. Ho scritto quelle pagine, allora. E in quelle pagine mi ci ritrovo ancora oggi. Come se fra quelle parole si fosse annidata la parte più vera e pura di me, quella che si lascia andare alla scrittura e consente solo alla scrittura di conoscerla, quella che sopravvive ai traslochi alle relazioni ai momenti bui alle piccole felicità.
Non so voi quanta frequentazione abbiate con la scrittura. Credo abbastanza. Credo che almeno vi interessi, se adesso mi state leggendo. E allora potete comprendere cosa sia perdersi nelle parole, lasciare che le parole traccino la strada e vadano avanti, da sole, aspettando che noi si sia capaci di andar loro dietro. A me sta succedendo questo. Ho inseguito per anni le parole, e per anni mi sono dannata l’anima per riuscire a scrivere come volevo, come pensavo di saper fare. Ma la scrittura è come una lumaca. Se le stai troppo vicino, se le stuzzichi il guscio sperando di farla venire fuori lei se ne starà lì, rintanata sempre più in fondo. Se invece la lasci stare, e vai via e fai altro, e vivi e respiri e ti prendi spazio per altre cose e le dai tempo, allora lei poco per volta esce. Tira fuori il capino, alza le antenne, si allunga per bene e riprende la strada. Lenta, ma costante. Sicura nella sua solitudine. Ecco, a me è successo così. Fino a che ho tentato di acchiappare la scrittura e costringerla alla mia volontà, è rimasta rintanata lontano. Inizia a farsi vedere adesso. Adesso che ho l’anima piena di un lavoro che mi piace e mi sfianca. Adesso che arrivo a sera che la testa non ce la fa più. Adesso che sto dando il giusto valore e la giusta collocazione a un certo modo di scrivere, per me e per chi con me vuole condividere. Adesso la scrittura emerge e viene a trovarmi. Anche dal passato. Anche da files chiusi da anni. Tutto ha un tempo. Per tutto c’è un momento. Occorre imparare ad aspettare. E nel frattempo, però vivere. Perché quella vita si farà a sua volta scrittura.