Lettera a mia madre (3)

Non so se quel che abbiamo vissuto sia stato come lo ricordo, né mi importa sapere. Ho ben chiaro quello che oggi sento, quel che mi è rimasto del nostro essere madre e figlia.

Conoscere con certezza cosa sia stato e perché non può cambiare ciò che provo. Non cerco prove, non è un processo, non ci sono accusato né accusatore, non voglio testimoni che raccontino una verità che non è la mia. Non c’è pena, se non quella del tirare le somme e vivere facendomi andare bene quel che ho avuto e che continuo a sentire troppo poco.

Voglio scrivere di ciò che di te mi è rimasto.

Ho avuto paura di essere abbandonata. Ho creduto di essere stata adottata. Ho imparato a non aver diritto a occupare un posto, a essere sempre quella di troppo, a non bussare a una porta chiusa. A stare zitta e non reagire, a valutare i rischi prima di espormi, a sentirmi comunque sempre in torto. A stare da parte e aspettare. Anche quando aspettare ha ormai poco senso e ancor meno speranza. Ho imparato che l’amore deve essere meritato. Che io non ero abbastanza da meritarne. Che la leggerezza è una fatica, che ogni azione può diventare un dramma. Che dei drammi si pagano le conseguenze. Ho imparato a proteggermi, a non lasciarmi andare. Ho imparato che può essere meglio non avere una famiglia.

Mi sono chiesta cosa penseranno. Mettere il nostro essere madre e figlia su carta, esporlo a chi poi leggerà. Ma intanto che me lo chiedo so anche che è finito il tempo del cosa penseranno, del dovermi preoccupare delle vostre conseguenze, il tempo in cui era necessario e doveroso espiare anche soltanto il pensiero di quelle conseguenze. Se non ci pensavate voi, tu e tuo marito, a farmi colpa dei miei comportamenti, ero io a tormentarmi. Perché i genitori ce li portiamo dentro, incistati dentro l’anima, e non c’è condanna peggiore. Non mi importa cosa penseranno. Non mi importa dei giudizi di chi lì, con me e te, non c’era.

Ho bisogno di essere in queste pagine, di recuperare ciò che fra te e me è stato, trovare la mia verità, raccontarla.

Rendere giustizia a te, a noi, a quel che siamo state. Alla mia vita.

 

 

(continua)

Francesca Di Gangi
f.digangi@tiscali.it

Mi chiamo Francesca Di Gangi, ho poco più di cinquant’anni e sono sociologa, formatrice e counselor relazionale di formazione rogersiana. Sono anche laureata in Psicologia, e sono l’autrice del metodo Scrittura Riparativa® Da quasi trent’anni affianco le persone che hanno voglia di stare bene con se stesse e nelle relazioni, e le accompagno nell’affrontare le proprie emozioni. Principi imprescindibili del mio lavoro – e del mio modo di essere – sono l’empatia, il rispetto incondizionato, l’accoglienza, l’attenzione all’altro, l’ascolto, condensati adesso nel metodo della Scrittura Riparativa e terapeutica.