23 Lug Lettera a mia madre (3)
Non so se quel che abbiamo vissuto sia stato come lo ricordo, né mi importa sapere. Ho ben chiaro quello che oggi sento, quel che mi è rimasto del nostro essere madre e figlia.
Conoscere con certezza cosa sia stato e perché non può cambiare ciò che provo. Non cerco prove, non è un processo, non ci sono accusato né accusatore, non voglio testimoni che raccontino una verità che non è la mia. Non c’è pena, se non quella del tirare le somme e vivere facendomi andare bene quel che ho avuto e che continuo a sentire troppo poco.
Voglio scrivere di ciò che di te mi è rimasto.
Ho avuto paura di essere abbandonata. Ho creduto di essere stata adottata. Ho imparato a non aver diritto a occupare un posto, a essere sempre quella di troppo, a non bussare a una porta chiusa. A stare zitta e non reagire, a valutare i rischi prima di espormi, a sentirmi comunque sempre in torto. A stare da parte e aspettare. Anche quando aspettare ha ormai poco senso e ancor meno speranza. Ho imparato che l’amore deve essere meritato. Che io non ero abbastanza da meritarne. Che la leggerezza è una fatica, che ogni azione può diventare un dramma. Che dei drammi si pagano le conseguenze. Ho imparato a proteggermi, a non lasciarmi andare. Ho imparato che può essere meglio non avere una famiglia.
Mi sono chiesta cosa penseranno. Mettere il nostro essere madre e figlia su carta, esporlo a chi poi leggerà. Ma intanto che me lo chiedo so anche che è finito il tempo del cosa penseranno, del dovermi preoccupare delle vostre conseguenze, il tempo in cui era necessario e doveroso espiare anche soltanto il pensiero di quelle conseguenze. Se non ci pensavate voi, tu e tuo marito, a farmi colpa dei miei comportamenti, ero io a tormentarmi. Perché i genitori ce li portiamo dentro, incistati dentro l’anima, e non c’è condanna peggiore. Non mi importa cosa penseranno. Non mi importa dei giudizi di chi lì, con me e te, non c’era.
Ho bisogno di essere in queste pagine, di recuperare ciò che fra te e me è stato, trovare la mia verità, raccontarla.
Rendere giustizia a te, a noi, a quel che siamo state. Alla mia vita.
(continua)