La ferita da invasione

 

Immagina un torrente placido che ogni tanto tracima un po’ e però poi non torna nell’alveo originale perché il terreno che ha conquistato se lo tiene, quindi quell’alveo si allarga. Poi tracima ancora un po’ e conquista altro terreno, e ancora si allarga. E poi ancora e ancora. La ferita da invasione è quel che subisce quel terreno, che poco per volta viene invaso dal torrente. Sono invasioni. Minime, gentili, affettuose, ma invasioni.

Quando un genitore ti propone come vestirti e ti indica quali libri leggere e quali amici frequentare o no, ti invade. Quando ti consiglia e ti spinge verso un lavoro e quindi anche verso l’università che prepara a quel lavoro, ti invade. Quando ti suggerisce quale partito votare e in quali valori è opportuno credere, ti invade. Tu, dal canto tuo, per essere all’altezza delle sue aspettative ti lasci convincere che quel che ti propone è il meglio per te, lasci che ti invada e anche lo giustifichi, lo fa per te, lo fa a partire da una buona intenzione, lo fa perché della vita ne capisce più di te, lo fa perché sta pensando e scegliendo il meglio per te.

E, come se non bastassero i genitori, lì fuori ci sono quantità enormi di persone certe di quale sia il meglio per noi e che non perdono occasione per farcelo presente. Possono essere colleghi, familiari, medici, politici, giornalisti, amici o chissà chi altri; di tutti, ciò che ci echeggia dentro nell’ascoltarli è la voce dei nostri genitori, la loro motivazione nel darci i loro preziosi consigli: “fai così, come a me piacerebbe che tu facessi, sii quello che a me piacerebbe che tu fossi, perché altrimenti potrei non amarti come so che tu desideri essere amato”[1].

È questo il messaggio, non dichiarato e comunque esplicito, con il quale veniamo convinti a fare quel che ci dicono. Ci lasciamo convincere e ci lasciamo andare all’invasione quando ci è chiaro che l’alternativa sarebbe ben peggiore, sarebbe il non amore, il non corrispondere a un’immagine che hanno di noi e il non essere corrisposti nel nostro bisogno di presenza e attenzione.


[1] Covini Giovanni, Le ferite dell’eroe, Dino Audino, Roma, 2012 , pag. 66

Leggerai molto di più sulle ferite emotive nel libro che sto per pubblicare. Intanto ne parliamo nel webinar in programmazione, e puoi anche lavorarci nei laboratori dedicati alle ferite.  

Francesca Di Gangi
f.digangi@tiscali.it

Mi chiamo Francesca Di Gangi, ho poco più di cinquant’anni e sono sociologa, formatrice e counselor relazionale di formazione rogersiana. Sono anche laureata in Psicologia, e sono l’autrice del metodo Scrittura Riparativa® Da quasi trent’anni affianco le persone che hanno voglia di stare bene con se stesse e nelle relazioni, e le accompagno nell’affrontare le proprie emozioni. Principi imprescindibili del mio lavoro – e del mio modo di essere – sono l’empatia, il rispetto incondizionato, l’accoglienza, l’attenzione all’altro, l’ascolto, condensati adesso nel metodo della Scrittura Riparativa e terapeutica.